BUCCIA DI BANANA
28.08.2008

Non sono un’esperta né un’appassionata d’arte. Per carità, sono consapevole del nostro enorme patrimonio artistico e culturale, ma confesso che vengo colta dalla Sindrome di Stendhal in occasione della vetrina autunnale di “Della Martira”, piuttosto che davanti alla Pietà di Michelangelo. Tanto per giocarmi un’ulteriore fetta di lettori, oso affermare che non potrei riconoscere un “Fontana” dalla tenda del giardino di casa mia dopo la ormai solita tromba d’aria estiva.
Succede però che, per una forma di campanilismo eccessivo, e anche perché alla fine a me Carpi piace proprio tanto, mi si trovi a decantare con certi amici toscani, milanesi e romani (il vero “melting pot” sono le spiagge d’agosto) le bellezze di Carpi e dintorni. Ogni anno mi faccio certe litigate con questi che si credono di vivere chissà dove.
E’ vero, non abbiamo la Cappella Sistina, ma la Pieve Romanica della Sagra ha quella sobrietà rigorosa tanto cara alle giovani coppie di rampolli carpigiani che vi si sposano, incuranti della capienza massima di 50 persone contro i 350 invitati che boccheggiano sul Piazzale re Astolfo.
La Madonnina dei milanesi, persa tra le nuvole di smog, stenta a scorgersi tra quelle antipaticissime guglie così poco rassicuranti, dalle quali mi aspetto sempre di vedere spuntare un Gargoil incazzoso. Vuoi mettere con l’accozzaglia di rinascimentale, barocco e chissà che altro del nostro piccolo Duomo di provincia, dove l’arte della scagliola ha raggiunto la sua massima espressione?
Con i toscani non mi ci metto neanche: per me tigelle battono ribollita 20 a zero, e se il Palio si svolgesse in Piazza Martiri invece che in quella specie di quadrato sghembo a Siena, molti cavalli non si azzopperebbero finendo dritti al Macello. E così via.
Quest’estate però è accaduto qualcosa che mina persino il mio cieco ardore patriottico. Già da qualche settimana, passando per l’ennesima rotonda spuntata in brevissimo tempo dal nulla, vedevo un certo fermento in prossimità dell’incrocio con Via Ugo da Carpi. La mia curiosità raggiungeva l’apice all’apparire di una sagoma dai contorni indefiniti, impacchettata come un’opera di Christo, da cui spuntava una mezza gamba in bronzo colta nell’attimo di una non ben definibile azione. Già così, la cosa era un po’ raccapricciante, ma mi sono riservata di non emettere giudizi perplessi se non negativi fino al suo completamento. Niente avrebbe potuto erodere la mia granitica fiducia nella placida, bonaria e rassicurante Cosa Pubblica Carpigiana.
La mattina del 24 luglio mi stavo nuovamente recando al lavoro, quando notevoli rallentamenti ai miei consueti brevissimi transiti mi hanno permesso di aprire il finestrino e buttare l’occhio sulla abominevole statua bronzea del povero Dorando Pietri, colto sul “rush” finale della corsa che lo ha reso celebre: una statua color calcolo renale, raffigurante un gagà (con tanto di pizzetto e baffetti impomatati), che corre nudo, se non per un pannolone rosso. Più che la celebrazione di un eroe nostrano, mi è sembrata la pubblicità di un antidissenterico. Avrei preferito una fontana con Alberto III Pio, nelle sembianze di cigno, che concupisce la Dama Bianca circondato da amorini intenti alla nobile arte del truciolo.
Cosa dico adesso al mio amico toscano che a gennaio passerà da Carpi perché va sciare in Trentino? Lo mando al Terminillo? Dopo anni che gli rompo i cosiddetti, lui si aspetterà di trovare una cittadina alacre ed operosa, qualche spaccio di maglieria, strade pulite, piste ciclabili e percorsi d’arte minimi ma di spessore!
Sindaco, Giunta, Assessori: mi appello al vostro senso estetico e del marketing: fino ad ora abbiamo fatto nostro il primo e imprescindibile dogma del buon gusto: “Less is more” : Corso Alberto Pio è diventato una bella passeggiata senza più rischio di lussazioni alla caviglia. Dopo anni di piccionaia buia e cavernosa, oggi gli studenti non rischiano più di diventare dei moderni Giacomo Leopardi, ingobbiti da sedie scomode, asmatici per la polvere degli scaffali, orbi per le lampadine 15 watt dei corridoi alti e sinistri. Ora la biblioteca è degna di essere chiamata tale, con le sue grandi finestre, la rete wi-fi e le macchinette per il caffè funzionanti. Fino al 24 luglio 2008 siete stati bravi a gestire la paurosa sfiga del povero Dorando con dignità e spirito sportivo: questo svarione proprio non ci voleva. Vi prego, almeno spostate la statua in un punto più discreto, che non rischi di provocare incidenti stradali, magari ben nascosta tra gli alberi del Parco delle Rimembranze, proprio dietro alla statua equestre di Manfredo Fanti (ufficialmente rimossa per questioni di viabilità). Vi posso garantire che è il mio amore per l’arte che parla, non i 35 Sanbittèr che mi toccherà pagare al Bagno 49 l’anno prossimo se a gennaio la statua sarà ancora lì.

 
 
 
 
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