COCOON
24.9.2009

1976 o giù di lì. Oltre alla tristemente famosa Maria (vedi “De amicitia”), avevo all’asilo tutta una serie di amichette più o meno omologate tra di loro.
Una sola era “diversa”, o quantomeno un bel mistero.
Innanzitutto, forte forse di un congruo finanziamento da parte della sua famiglia, poteva indossare un bellissimo e sempre immacolato grembiulino bianco anziché il canonico rosa, e già questo creava in noi qualche perplessità, arroccati come eravamo nel nostro mondo rassicurante di grembiulini azzurri = maschio e grembiulini rosa = femmina.
Portava poi i capelli cortissimi. Tra noi “ragazze” si faceva la gara a chi aveva i capelli più lunghi, e ogni scusa era buon per sciogliersi i codini o le trecce e mostrare la criniera nel suo splendore giovanile. Una bambina che esibiva un taglio alla maschietta (seppure fatto da Gianni in persona) e non aveva avuto i pidocchi negli ultimi due giorni, era una vera e propria incongruità, sempre perché allora se avevi i capelli lunghi eri una femmina, se li avevi corti eri un maschio. (I fricchettoni a Carpi uscivano quando noi eravamo a letto da ore, quindi la sessualità ambigua degli anni 70 ci stava scivolando via senza che neanche ce ne accorgessimo).
Tanto per confonderci le idee, snobbava le Barbie, preferiva G.I. Joe, e invece che stare con noi a giocare con la Maglieria Magica o alle principesse, correva in mezzo ai maschi, giocava a calcio e portava sempre con sé una pistola da cow boy. E si faceva chiamare SAM (da Samantha).
Non era un’orfanella, né apparteneva a una famiglia disastrata o disturbata, né aveva tutti fratelli maschi: era figlia unica e sua madre era una donna bellissima, elegantissima, femminilissima. Ricordo che aveva la mano piena di anelli, vestiva cachemire d’inverno e seta d’estate (certi foulard!) e sfoggiava una messa in piega inossidabile per cui tuttora pagherei oro.
Inutile dire che in poco tempo eravamo tutte morbosamente certe che qualcosa non andasse: senza neanche aver mai sentito parlare di Amanda Lear o di Eva Robin’s, eravamo giunte alla conclusione che lei fosse un maschio che i genitori travestivano da bambina perché avevano sempre desiderato una femmina ma avevano avuto solo “lui”. Oppure era il figlio di un sultano in incognito e i suoi genitori lo nascondevano dalle spie russe (guerra fredda, si..).. le teorie si sprecavano.
Da lì in poi, era diventato un’ossessione scoprire la verità. Ogni pretesto era buono per andare in bagno con lei e spiarla. DOVEVAMO capire. Come faceva la pipi? In piedi? Ah ecco, vedi?  Seduta? Che vuol dire? Anche certi maschi la fanno seduti, è più comodo..
Finchè, un pomeriggio, involontariamente ho beccato “SAM” parlare con la suora; evidentemente preoccupata per la situazione incresciosa che si era venuta a creare e per la probabile fuga di capitali se i genitori fossero venuti a impararlo, la suora le stava chiedendo PERCHE’ FAI SEMPRE IL MASCHIO, dando prova di grande tatto e delicatezza. La risposta è giunta pronta, candida e illuminata: “ Perché fanno la pipì in piedi”.
Magistrale “coup de theatre”, o, per dirla alla Tomasi di Lampedusa ,“felicissimo gag, di regia paragonabile in efficacia addirittura alla carrozzella da bambini di Eisenstein” .
In due parole: INVIDIA DEL PENE FOR DUMMIES.
E sincerità per sincerità, ogni volta che:

  • Mi trovo accucciata in mezzo alle ortiche con le mutande alle caviglie rischiando di perdere l’equilibrio
  • Devo consumare almeno un caffè e un bicchiere d’acqua per poter utilizzare il bagno di un bar senza sentirmi una scroccona se voglio evitare la situazione di cui al punto precedente
  • mi devo contorcere in un bagno 1x1 rischiando lo strappo del quadricipite femorale e l’infiammazione del nervo sciatico perché appoggiarsi alla tavoletta non è igienico e soprattutto la precedente utilizzatrice aveva una pessima mira

provo anche io una straziante e destabilizzante invidia di qualunque pene.
Per la cronaca ho poi appurato che la Samantha si è fatta crescere i capelli, ha iniziato a mettere vestiti femminili e si è persino sposata, ma non sembra avere dimenticato i suoi affanni infantili: leggende metropolitane con un ampio margine di attendibilità la indicano come inventore del BRYCOLI (googolate, gente, googolate!)…

 

 

 
 
 
 
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